Ci sono quattro mostre dedicate ai “big artist” – che si intrecciano ai numerosi eventi collaterali alla Biennale – che chi arriva Venezia, non può assolutamente perdere.
Damien Hirst tra Palazzo Grassi e Punta della Dogana
Theasures from the Wreck of the Unbelievable, l’esposizione kolossal di Damien Hirst, la prima grande mostra personale dedicata all’artista dopo la retrospettiva del 2004 al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, incanterà, fino al 3 dicembre, i visitatori di Palazzo Grassi e Punta della Dogana. Il pubblico potrà immergersi in questo straordinario, ambizioso progetto, frutto di un lavoro durato dieci anni, che rappresenta il culmine del fecondo sodalizio tra l’artista e la Collezione Pinault.
Il lavoro del genio di Bristol, che racchiude oltre 200 opere distribuite in 50 sale si presta a vari livelli di lettura, e si pone come una straordinaria sintesi di molteplici riferimenti culturali, miti sempreverdi e paure ancestrali.
Rauschenberg alla Fondazione Cini
In concomitanza con la Biennale, la Fondazione Giorgio Cini inaugura un’intensa stagione di mostre. Dal 12 maggio al 27 agosto, l’esposizione Late Series, organizzata in collaborazione con la Fondazione Faurschou, presenterà due opere appartenenti ad alcune delle serie tarde più importanti di Robert Rauschenberg, tra cui Borealis, Urban Bourbon, Scenarios e Runts.
Il filo che congiunge tutte le serie realizzate da questo artista eclettico – che si approcciava all’arte ricorrendo all’uso di diverse immagini e fotografie scolpite su tela – è il trasferimento dell’immagine stessa.
Sempre Rauschenberg, insieme a Andy Warhol, è al centro della mostra Us Silkscreeners che volge lo sguardo ai primissimi dipinti serigrafati dai due artisti, rispettivamente Renascence e la serie Dollar Bills, entrambi terminati nel 1962, anno in cui l’incontro tra i due inaugura l’inizio di un nuovo orientamento nella tecnica del trasferimento delle immagini. Dopo oltre 50 anni dall’assegnazione del Gran Premio a Rauschenberg nel 1964 per la sua attività rivoluzionaria, la Fondazione Faurschou riporta l’artista a Venezia, incentrando l’attenzione sulle sue serie tarde.
Jan Fabre all’Abbazia di San Gregorio
Quarant’anni di lavoro racchiusi in una mostra. Oltre 40 opere in vetro e ossa realizzate da Jan Fabre tra il 1977 e il 2017, e per la prima volta insieme, saranno al centro dell’esposizione Glass and bone Sculptures 1977-2017 dal 13 maggio al 26 novembre negli spazi dell’Abbazia di San Gregorio.
L’artista belga torna a Venezia con un progetto inedito, collaterale alla Biennale, che offre una riflessione filosofica, politica e spirituale sulla vita e sulla morte attraverso la centralità della metamorfosi.
E nel dialogo tra ossa e vetro, nell’ossimoro tra durezza e fragilità, tra opacità e trasparenza, tra ombra e luce, tra vita e morte, è racchiusa la poetica di Fabre, il fiammingo la cui arte ruota attorno all’instabile stato della metamorfosi e ai cambiamenti nel flusso dell’esistenza.
Michelangelo Pistoletto all’Abbazia di San Giorgio Maggiore
Nel contesto degli Eventi collaterali della 57esima Esposizione Internazionale d’Arte, la Basilica di San Giorgio Maggiore ospita, dal 10 maggio al 26 novembre, One and One makes Three, la mostra di Michelangelo Pistoletto.
Un’installazione dal titolo Suspended Perimeter – Love Difference, caratterizzata da una serie di specchi sospesi a formare uno spazio circolare, che fa da tramite tra il visibile e il non visibile, invita lo spettatore a riflettere su alcune delicate questioni che riguardano l’uomo contemporaneo, dal conflitto tra religioni alla multiculturalità e al ruolo dell’arte.
Il Tempo del Giudizio, opera esposta nella Sala del Capitolo, descrive le quattro religioni più diffuse nel mondo – Cristianesimo, Buddismo, Islamismo, Ebraismo – ciascuna rappresentata da un elemento simbolico posto davanti a uno specchio: una statua di Buddha, un tappeto per la preghiera rivolto verso la Mecca, un inginocchiatoio.
La mostra è anche un invito a ripercorrere la carriera artistica di Pistoletto – creatore di lavori considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera – dalla serie di autoritratti su tela del periodo giovanile, fino ad arrivare allo specchio, che incarna per l’artista la ricerca della propria identità.
In mostra anche una serie di recenti quadri specchianti che ritraggono Cuba e il suo popolo, terreno fertile, come spiega l’artista «per l’innovazione, la sperimentazione, il cambiamento».
Testo : | Samantha de Martin |