Chiesa Santa Maria presso San Satiro
Da Piazza Duomo ci incamminiamo verso Via Torino e proprio a pochi metri dall’inizio della via, sulla sinistra, nascosto agli occhi dei passanti frettolosi, si trova un vicolo stretto fra due palazzi: proprio in quel punto si affaccia un gioiello di rara bellezza: la chiesa di Santa Maria presso San Satiro.
Nel IX secolo l’Arcivescovo Ansperto da Biassono dedica a San Satiro, fratello di Sant’Ambrogio, un piccolo edificio detto sacello. Si narra che nel 1242 in questo luogo fosse avvenuto un miracolo: da un dipinto della “Madonna con Bambino”, sfregiato da una coltellata inferta da un giovane vandalo, sarebbe sgorgato del sangue. Il dipinto, risalente al XIII secolo, è oggi posto sull’altare maggiore della chiesa.
Nel 1480, accanto al sacello, è costruita una nuova chiesa – Santa Maria presso San Satiro – proprio per custodire l’icona miracolosa. Incaricato del progetto è Donato Bramante, il grande architetto del Rinascimento italiano. Egli, pur avendo a disposizione un’area di dimensioni ridotte, progetta un impianto a tre navate con decori in oro e azzurro e fregi a motivi classicheggianti. All’incrocio dei bracci progetta una cupola emisferica, un tratto caratteristico che ritroveremo a Milano anche in Santa Maria delle Grazie. Inoltre, per ovviare alla mancanza di profondità dell’abside, di soli 97 cm, Bramante adotta una geniale soluzione: crea un finto coro in stucco dipinto, quasi un trompe l’oeil, che dona l’illusione ottica della prospettiva.
L’antico sacello, inglobato al momento della costruzione nella nuova chiesa di S. Maria, diventa l’attuale Cappella della Pietà. Qui è conservato il “Compianto su Cristo morto” di Agostino De Fondutis, un gruppo di 14 statue in terracotta raffigurante la scena della pietà.
Sul retro della chiesa è presente un campanile romanico del X secolo, uno dei più antichi di Milano.
Chiesa di San Sebastiano – Tempio Civico
Proseguendo per Via Torino, a metà circa, sulla destra si incontra un edificio particolare dalla forma circolare, chiamato dai milanesi “La Rotonda”. Si tratta del Civico Tempio di San Sebastiano, da oltre quattro secoli orgoglio dei milanesi e punto fermo nella storia ambrosiana.
Nel 1576 l’allora Consiglio Comunale della Città di Milano, su suggerimento dell’arcivescovo Borromeo, formulava come solenne voto cittadino per scongiurare la diffusione della peste quello di costruire un nuovo tempio, in onore del concittadino e patrono San Sebastiano: venne scelta proprio l’attuale zona di via Torino, sia perché la tradizione narrava che qui il martire avesse trascorso la sua giovinezza, sia perché vi sorgeva l’antichissima chiesetta di San Tranquillino, che già racchiudeva un altare dedicato a san Sebastiano.
Il progetto venne affidato nel 1577 ad uno degli architetti più noti dell’epoca, Pellegrino Tibaldi che volle un edificio a pianta centrale, perché fosse immediato il collegamento al Pantheon romano e all’istituzione laica e civile che l’aveva commissionato e finanziato.
In realtà il suo progetto venne seguito fedelmente solo nella parte inferiore, anche perché i lavori proseguivano a rilento a causa di periodiche difficoltà economiche. La cupola fu ultimata solo nella prima metà del XVII secolo, e non si può vedere dalla strada perché racchiusa in un alto tiburio.
All’interno della chiesa si trovano quattro cappelle. In una di queste era esposta la splendida “pala del martirio di san Sebastiano”, opera della maturità di Vincenzo Foppa (1490 circa), già presente in San Tranquillino, e oggi conservata presso la Pinacoteca del castello Sforzesco. Al suo posto vi è una copia di buona qualità.
Chiesa di San Giorgio al Palazzo
Sempre percorrendo Via Torino, verso le Colonne di San Lorenzo, sulla destra si trova la piccola piazzetta di San Giorgio al Palazzo, che ospita la chiesa omonima.
L’origine di questa Chiesa risale al 750 d.C. e la costruzione sorge sulle antiche vestigia del palazzo imperiale voluto dall’Imperatore Romano Diocleziano.
All’interno a tre navate, rimaneggiato più volte nel corso dei secoli (l’ultimo intervento risale al primo ventennio del 1800 a opera di Luigi Cagnola), sono custodite pregevoli opere d’arte. Sulla navata destra, nella prima cappella, si trova la pala di “San Girolamo” opera di Gaudenzio Ferrari, mentre poco più avanti è situata la “Cappella della Passione”, con volta affrescata e pareti decorate da un ciclo di tavole di Bernardino Luini, risalente al 1516.
L’abside, coperta con una cupola con lanterna, è affiancata da due pulpiti ed ospita il presbiterio, cinto da una balaustra, con pregevole altare maggiore barocco in marmi policromi.
La facciata esterna rivestita interamente di marmo, elegante e sobria, risale alla fine del 1700 ed è opera di Francesco Croce.
San Lorenzo Maggiore alle Colonne
Dopo aver lasciato la piazzetta di San Giorgio con negli occhi ancora la bellezza dei dipinti del Luini proseguiamo verso “Il carrobbio”, una delle zone più vecchie e misteriose di Milano.
Secondo una delle tesi più avvalorate il termine “Carrobbio” deriva dal latino “Quadruvium”, confluenza di più vie nella Porta Ticinese. Al Carrobbio la storia scorre intensa: luogo dove si consumava il culto del dio Mitra, dove si ufficializzava la libertà degli schiavi , dove fecero sosta i tre Re Magi. e sede della Santa Inquisizione. Il grande scrittore milanese Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo “I Promessi Sposi” descrive il Carrobbio come “una delle parti più desolate di Milano”. La zona fu rifugio di truffatori, briganti, prostitute e quanti altri avessero motivo di nascondere le proprie malefatte; ma veniva anche scelto come luogo di incontri per amori segreti e proibiti.
È in questo scenario che si presenta agli occhi del turista la magnifica basilica paleocristiana di San Lorenzo Maggiore, terminata prima della fine del V secolo: conserva ancora oggi tutta la sua monumentalità, sebbene sia stata più volte restaurata nel corso dei secoli.
Il nucleo più antico della basilica comprendeva il corpo centrale di San Lorenzo e il sacello di Sant’Ippolito, edificati insieme alle torri angolari, mentre la cappella di Sant’Aquilino, già prevista nel disegno originario, venne eretta in un momento di poco successivo, e quella di San Sisto è un’aggiunta risalente al VI secolo.
La questione della datazione e dell’attribuzione dell’edificio è un problema ancora irrisolto, che apre all’ipotesi di una ri-dedicazione a San Lorenzo della misteriosa basilica extraurbana Portiana (375-378) citata da fonti antiche e scomparsa senza lasciare traccia.
Recentissime indagini suggeriscono una datazione tra la fine del IV e l’inizio del V secolo d.C. Ne risulterebbe così rafforzata l’ipotesi della fondazione del complesso nell’età dell’imperatore Teodosio e del generale Stilicone, reggente di fatto dell’Impero dalla morte di Teodosio, nel periodo che va dal 395 fino al 408.
L’enorme cupola è frutto dell’abilità progettuale di Martino Bassi. Dopo il crollo, avvenuto nel 1573, fu ricostruita dallo stesso e portata a termine dall’architetto Quadrio alla fine del secolo XVI inizio del successivo.
All’esterno è ancora ben conservato un imponente colonnato marmoreo, eretto probabilmente intorno al V secolo, costituito da elementi (basi, capitelli e frammenti di architrave del II secolo d.C) recuperati da un ignoto edificio pubblico.
Recenti indagini propongono di datare la cappella di Sant’Aquilino fra il 390 e il 430 d.C. Per la sua forma e la ricchezza dell’interno, il sacello è stato considerato un mausoleo imperiale. Attualmente è possibile visitare, nel sotterraneo, anche la platea su cui poggia l’edificio, formata da blocchi di pietra squadrati, provenienti dalla demolizione del vicino anfiteatro. Le quattro pareti dell’atrio sono ornate da mosaici con le figure dei Patriarchi, degli Apostoli e del Cristo.
Santa Maria dei Miracoli sopra San Celso
Si narra che qui Sant’Ambrogio- Santo Patrono di Milano – il 10 maggio del 396 trovò i corpi martirizzati di San Nazaro e San Celso. Il corpo di San Nazaro fu trasportato nella basilica dei Santi Apostoli, poco distante, San Celso invece venne lasciato sul luogo in una piccola chiesa a lui dedicata, sotto la protezione della Madonna racchiusa in una nicchia .
Nel 996-997 l’Arcivescovo di Milano Landolfo II fece costruire un monastero e una basilica sulla piccola chiesa di San Celso, ormai cadente e li affidò ai monaci benedettini. Il monastero che sorgeva sulla destra della basilica, dopo molti rifacimenti lungo i secoli, fu distrutto: mentre della basilica rimase circe un terzo dell’impianto originario. Nel 1430 il duca di Milano Filippo Maria Visconti fece costruire una piccola chiesa per proteggere la Madonna di Sant’Ambrogio e potervi celebrare le funzioni al coperto e proprio qui il 30 Dicembre del 1485 si dice sia avvenuto un miracolo, testimoniato da numerose dichiarazioni che ora sono custodite gelosamente nell’archivio del Santuario: la Madonna si manifestò ai fedeli presenti e liberò dalla peste la città di Milano.
Nel 1493, fortemente voluta dalla devozione popolare fu iniziata la costruzione del Santuario su progetto di Gian Giacomo Dolcebono che verrà continuato e portato a termine da Cristoforo Solari (1460-1527). Nel 1506 furono apportate significative modifiche: venne aggiunto un corpo longitudinale a tre navate e introdotti un presbiterio e un deambulatorio poligonale, su modello del Duomo di Milano.
L’interno della Chiesa è chiara testimonianza del Rinascimento del ‘500 a Milano mentre la facciata esterna è barocca. Numerosissime pale d’altare e affreschi adornano l’interno dell’edificio. Tra gli artisti che hanno preso parte alla decorazione si annoverano Antonio Campi, il Bergognone e Giulio Cesare Procaccini. Presenti dipinti di grande valore artistico, come il “Battesimo di Gesù” di Gaudenzio Ferrari e la “Caduta di San Paolo” di Moretto da Brescia.
È da poco che grazie all’intuizione di uno studente dell’Università Statale, Alessandro Uccelli, si è scoperto che la volta di un’intera cappella della Chiesa è stata affrescata da Alessandro Bonvicino, detto il Moretto (1498-1554) e non da Callisto Piazza come erroneamente ritenuto fino a oggi. Quindi tutto il ciclo di affreschi della volta, raffigurante otto angeli sopra la pala d’altare e la lunetta con il Cristo dal cui dito indice parte la luce che convertirà San Paolo sono un’unica opera coerente del Moretto.
Basilica di Sant’Eufemia
Fondata dall’arcivescovo San Senatore Settala negli anni 472-475, viene ricostruita in epoca romanica e più volte rimaneggiata. L’interno, in stile neogotico, è composto da tre sezioni: l’avancorpo ottocentesco, la navata e l’abside. Sia le pareti, sia le volte sono riccamente decorate con affreschi policromi che richiamano quelli del mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.
Tra le opere scultoree, notevole la Tomba Brasca di Cristoforo Solari detto il Gobbo, mentre tra i dipinti troviamo pregevoli capolavori tra i quali: lo “Sposalizio di Santa Caterina” e“la Madonna con Bambino e Santi” di Marco d’Oggiono, la “Pentecoste” di Simone Peterzano, traslocata qui dalla vicina chiesa di San Paolo Converso. La Pala d’altare raffigurante la Madonna del S. Rosario è di Augusto Lozzia. Notevole è anche l’imponente organo a canne costruito da Natale Balbiani nel 1909.
Negli anni cinquanta la basilica, grazie alla sua ottima acustica, è stata usata come sala d’incisione: qui il soprano Maria Callas registrò alcune delle sue opere più famose.
Basilica di San Calimero
Da piazza Sant’Eufemia prendiamo Via Santa Sofia e poco prima di incrociare Corso di Porta Romana sulla destra c’è via San Calimero dove troviamo un vero gioiello. Di origine antichissima (V sec.) la basilica si presenta oggi con tratti moderni, a causa di un restauro operato nel 1882. Della fase romanica si conservano, esternamente, l’abside (IX-X sec) e il fianco destro mentre la cella campanaria è frutto di ricostruzione secentesca.
All’interno della basilica, nonostante i diversi rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli, l’atmosfera è raccolta e i mosaici tardo ottocenteschi del catino dell’abside invitano al raccoglimento. Da non perdere: un piccolo affresco “Madonna fra due sante” attribuito a Cristoforo Moretti sul lato destro del catino dell’abside, una “Crocifissione” del Cerano, e una Natività di Marco d’Oggiono. Altri affreschi medievali si trovano nell’attigua sacrestia.
La cripta, rifatta nel Cinquecento, presenta volte affrescate di notevole pregio e conserva la tomba del vescovo San Calimero, collocata nel 1609 per volere del vescovo Federico Borromeo. Nella navata destra della cripta vi è un pozzo tuttora funzionante costruito sul luogo in cui le ossa di San Calimero furono ritrovate, dando vita alla leggenda secondo cui il vescovo sarebbe stato martirizzato e il suo cadavere gettato proprio in questo pozzo, la cui acqua era considerata “miracolosa”.
Basilica dei Santi Apostoli e San Nazaro
Da via San Calimero imboccando Corso di Porta Romana, arriviamo in piazza San Nazaro in Brolo dove proprio a ridosso dell’Università Statale troviamo un’altra basilica molto importante per Milano, che per le sue antichissime origini rappresenta una delle principali testimonianze d’arte paleocristiana presenti in città.
La Chiesa fu eretta tra il 382 e il 386 (anno della consacrazione) per volere del vescovo Ambrogio, sull’area di una preesistente necropoli. La nascita della basilica è legata al culto dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, dei quali sono custodite alcune reliquie. Nove anni dopo la consacrazione, Ambrogio apporta alcune modifiche per accogliere anche le reliquie di San Nazaro.
Secondo la leggenda, San Nazaro, perseguitato dall’imperatore Nerone, fu decapitato con il giovane Celso a Milano, in una località chiamata “Tre Muri”. Per timore dell’imperatore, i cristiani trafugarono immediatamente i corpi per seppellirli in un luogo segreto che, secoli più tardi, fu rivelato ad Ambrogio. Nel 1512, iniziano i lavori per la Cappella Trivulzio, unica opera architettonica documentata di Bramantino a Milano.
Nata come mausoleo della famiglia di Gian Giacomo Trivulzio, maresciallo del re di Francia Luigi XII, è addossata alla facciata paleocristiana come una sorta di vestibolo di accesso alla chiesa.
All’interno della basilica:
Cappella di Santa Caterina: attribuita ad Antonio da Lonate (1540 circa), contiene una statua lignea dell’Addolorata, del XVII secolo e le “Storie della vita di S. Caterina” affrescate nel 1546 da Bernardino Lanino con l’aiuto di Gaudenzio Ferrari e Giovanni Battista Della Cerva.
Transetto sinistro conserva “Il Gesù nella Passione”, una tavola di Bernardino Luini che sovrasta un piccolo tabernacolo rinascimentale. Navata centrale sulla parete destra una “Annunciazione” di Daniele Crespi, su quella sinistra “La presentazione al tempio” di Camillo Procaccini. Nella sagrestia ci sono alcune opere di Giovanni da Monte Cremasco.
Scendendo a destra del presbiterio si accede alla piccola area archeologica. Qui sono conservate anfore romane, mattoni e tegole con impronte di zampe di animali, probabilmente passati accidentalmente sul materiale posto ad essiccare prima della cottura.
Nell’area archeologica esterna sono presenti testimonianze (sarcofagi e casse in pietra) del cimitero sviluppatosi via via intorno alla basilica, oltre ai resti delle murature originarie di epoca ambrosiana e a quattro antiche colonne in granito.
Chiesa Sant’Alessandro in Zebedia
Siamo quasi alla fine del nostro giro che ci vede arrivare in piazza Sant’Alessandro, situata proprio dietro a piazza Missori, ove si affaccia la chiesa omonima.
La chiesa barocca di Sant’Alessandro in Zebedia nasce all’inizio del Seicento come parte dell’attiguo collegio dei Barnabiti ed è considerata una delle costruzioni più suggestive dell’architettura lombarda. I lavori iniziarono nel 1602 sulle ceneri di una vecchia chiesa precedente su progetto di padre Lorenzo Binago. L’architetto barnabita si ispirò ai modelli bramanteschi-michelangioleschi utilizzati per la Basilica di San Pietro a Roma, infatti la struttura centrale è formata da una croce greca inserita in un quadrato su cui emerge una cupola.
Scomparso Padre Binago nel 1629, i lavori furono proseguiti da Francesco Maria Richini, allievo del barnabita, e successivamente da Giuseppe Quadrio, che completerà la cupola nel 1694. Per la cripta, il coro e la parte superiore della facciata si dovrà attendere fino alla metà del settecento, grazie all’intervento del barnabita Marcello Zucca.
Il progetto di Lorenzo Binago interpreta le esigenze dell’ordine: sia per quanto riguarda la separazione tra fedeli e sacerdoti, sia per la destinazione degli spazi a funzioni diverse, quali eucaristia, confessione e predica. La facciata, opera settecentesca di Marco Bianchi, è insolitamente affiancata da due campanili: un orologio e una torre campanaria. All’interno l’intera superficie della chiesa è coperta da affreschi, uno dei cicli più completi del Seicento milanese.
La cupola centrale raffigura il Paradiso, a cui si giunge dopo aver guardato all’esempio dei santi e delle parabole affrescate sulle strutture architettoniche sottostanti. L’intero ciclo deve esser letto come un’esaltazione dei valori predicati dai Padri Barnabiti: la penitenza, la pazienza e la costanza, esaltate in queste opere dai pittori Federico Bianchi e Filippo Abbiati.
Ma non è tutto: infatti percorrendo la navata destra troviamo nella prima cappella il “Martirio di S. Pancrazio” di G.B. Ossona, nella terza “L’Assunzione di Maria” di Camillo Procaccini, in fondo la cappella del “Sacro Cuore” con la “Natività” del Procaccini sulla parete sinistra, nel presbiterio “L’Adorazione dei Magi” di Daniele Crespi. Nella navata sinistra: prima cappella la “Crocifissione” di Camillo Procaccini.
Chiesa di San Sepolcro
È l’ultima tappa del nostro tour nelle zona del centro storico. Questa chiesa sorge proprio dietro la Biblioteca Ambrosiana e quindi è facile da trovare.
La chiesa è strutturata su due livelli – uno sotterraneo e uno esterno – nella omonima piazza a Milano, non distante da piazza Duomo e sull’area di quello che fu il Foro di Milano di epoca romana. La chiesa fu fondata poco dopo il Mille da Benedetto Ronzone, per poi essere ricostruita nel 1100 con le forme del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Dal XII al XV secolo le notizie sono scarse, ma resta una testimonianza di Leonardo da Vinci che durante un suo soggiorno milanese disegnò la chiesa. Lo schizzo conservato all’Institut de France presenta un rilievo “sopra terra e sotto terra”: la chiesa superiore presenta tre navate, separate da colonne e precedute da un breve atrio, la chiesa inferiore corrisponde in tutto all’altra. La facciata dell’edificio è già caratterizzata all’esterno da due torri, al cui interno sono ricavate due scale a chiocciola che mettono in comunicazione la chiesa superiore con quella inferiore. La facciata fu ritoccata alla fine del Cinquecento, mentre sotto il Cardinal Federico Borromeo nel 1605 l’interno fu radicalmente trasformato in stile barocco dall’architetto Aurelio Trezzi. A lui si deve anche la costruzione della Biblioteca Ambrosiana.
La chiesa venne quindi ulteriormente modificata e restaurata tra il 1713 e il 1719. La facciata attuale, in stile romanico lombardo, è frutto di una radicale demolizione e successiva ricostruzione avvenuta nel periodo 1894 – 1897 ad opera di Gaetano Moretti e Cesare Nava. All’interno la pianta presenta un’impostazione romanico-lombarda, anche se mascherata dalle strutture barocche. Cinque piccole navate, divise da esili colonnine, conservano un sarcofago trecentesco di fronte al quale è collocata la statua cinquecentesca di San Carlo Borromeo.