Qual è stato il suo primo incontro con l’Italia? Quale il momento più memorabile di quell’incontro?
È stato singolare, non programmato né banale, molto breve e remoto. 26 anni fa, nel settembre del ’91 arrivai insieme a due colleghi in Emilia Romagna, nella città di Reggio Emilia se non mi sbaglio, per la tradizionale festa dell’Unità, il giornale dei comunisti italiani. Ci sono stati interventi brevi, si parlava degli eventi in corso nell’Unione Sovietica. Non ho avuto l’occasione per vedere bene la città. Nella memoria mi è rimasta solo una minuscola statua di Lenin posta in qualche piccolo parco senza pretese. Era passato meno di un mese dal fallimento del golpe di Mosca, i monumenti dei maggiori esponenti del movimento comunista avevano iniziato a scomparire per tutta l’Unione, e quel capo minuscolo sembrava essersi rimpicciolito apposta, per non dare troppo nell’occhio. Così, non si sa mai…
Quale ruolo ricopre l’Italia nella Sua vita? Ha per Lei un significato particolare?
Ah! Vorrei che l’Italia concedesse qualche ruolo a me nella sua vita! Che sia pure quello meno in vista possibile! Ci vediamo così poco, 4 volte in tutti questi anni, sempre e soltanto per uno o due giorni, e a Venezia solo una volta e soltanto per un paio di ore. Questa frequenza di incontri possiede però un vantaggio, quello del mistero: l’Italia resta per me un mistero, posso sempre essere convinto di poter vedere ciò che non mi aspetto, una volta messo piede su questa terra. E probabilmente non arriverò mai a risolvere il mistero, come mai sia proprio la terra italiana a dare frutti così abbondanti. Vi rendete ovviamente conto che con queste parole non mi riferisco all’agricoltura. A Roma, per esempio, mi ha colpito la quantità e la quantità di pittura e scultura ovunque dove si posi lo sguardo. Passavo di casa in casa, di chiesa in chiesa e mi sembrava che l’arte in quelle proporzioni lì potesse nascere solo se tutta la popolazione di tutta l’Europa si fosse messa professionalmente a creare pittura e scultura per tutta l’Italia, 24 ore su 24, per tanti secoli di fila.
Chi sente più vicino sul piano storico: il doge veneziano o l’imperatore romano?
Nè uno nè l’altro. Scegliamo piuttosto un artista di corte: ecco chi mi è più vicino. Come Rubens presso la corte del Gonzaga, oppure come il pictor papalis – si dice così in latino – il pittore di corte del Papa. Ecco, mi riconosco di più in un personaggio di questo tipo. Io stesso potrei fare il fotografo di corte in Italia. Se ci sto con l’età naturalmente.
Il suo posto preferito a Roma? E a Venezia?
Non so. Non so scegliere. Per esempio, a Roma ho vissuto un episodio di quelli cui ci si suol riferire dicendo “la vita pareva un film”. Prima di mettermi in viaggio mi sono caricato nel telefonino alcuni brani preferiti da ascoltare nel tragitto, tra cui un’esecuzione orchestrale de La Danza Macabra di Saint-Saëns; fu proprio quest’ultimo il pezzo che sono stato ad ascoltare per quasi tutto il viaggio. Inizio a fare conoscenza con la città, entro nella chiesa più vicina all’albergo, la basilica di Santa Prassede, e indovinate un po’ cosa sento? L’organista che sta studiando — con impegno, in maniera un po’ sconcatenata, — La Danza Macabra di Saint-Saëns… Ecco, per il momento posso dire che sia la basilica di Santa Prassede il mio posto preferito a Roma.
Quali altri luoghi d’Italia ha visitato?
Bergamo. Pure quella al volo, senza la possibilità di respirare la città a pieni polmoni.
Secondo Lei, la visione del mondo che hanno gli italiani è simile a quella dei russi? O forse siamo attratti negli italiani da quello che manca a noi stessi?
A mio avviso è inafferrabile, la visione del mondo. Posso cioè facilmente supporre che sono diverse, la loro e la nostra, perché sono diversi i nostri mondi. Quanto alla cosa che ci attrae, negli italiani, credo che non sia una cosa che ci manca ma quella che ci rende radicalmente diversi da loro. Quello che ci manca è la capacità di trascurare ciò di cui non si dispone, facendoci bastare quello che c’è. Gli italiani, secondo me, questa capacità ce l’hanno. Tenete conto però che sto giudicando a partire da un numero ristretto di cittadini italiani che conosco di persona.
Vorrebbe fare una trasmissione dedicata all’Italia? Quale sarebbe la sua particolarità?
A dire il vero no, non vorrei farla. Ci sono due motivi. In Russia d’Italia si parla, si scrive e si fa vedere tanto che la mia trasmissione, per quanto possa essere speciale, difficilmente sarebbe notata e apprezzata. Sarebbero degli sforzi vani. In questo senso sono capriccioso. Questo è il primo motivo. Il secondo conta di più. È che sono terribilmente possessivo, oppure spiritualmente tirchio, ecco come mi definirei. Non amo condividere cose ed eventi che lasciano un segno profondo nell’anima. La mia breve vacanza romana dell’autunno scorso mi ha molto rinforzato in questa convinzione. Il mio toccare Roma, il mio fotografarla, ciò che ho percepito in questa città con l’udito, con il fiuto, è quasi intimo. Tutto questo lo separo dalla mia professione, che appunto ti rende obbligato a raccontare tutto ciò che hai visto e sentito senza mai tacere. Vogliamo mettere il piacere del viaggio senza una missione redazionale? Hai il mondo tutto per te, non appartiene a nessun altro. Posso però farvi vedere le foto di Roma, ma anche queste sono molto personali, non sono foto turistiche da cartolina.
Il suo piatto preferito di cucina italiana?
Le lasagne con gli spinaci, ravioli agli spinaci, tutto quello che ha gli spinaci.
Sappiamo che è un appassionato di vino. Qual è la sua uva preferita tra quelle autoctone italiane? Quale vino italiano ricorda particolarmente tra quelli che ha assaggiato di recente? Di quale zona?
Autoctone addirittura? Non sono così intenditore. “Appassionato” ha detto, ma per me non è una passione ma piuttosto una moderata attrazione e una pura curiosità, più la convinzione che se a tavola c’è la possibilità di bere del vino, bisogna assolutamente farlo. Il vino è italiano? Benissimo! A fine anno va bene anche quello giovanissimo, pure il termine è carico di entusiasmo: il novello!
Se avesse la possibilità di andare in Italia proprio ora, dove si dirigerebbe?
Non voglio puntare nessun luogo. Voglio mettere le mie cose in una macchina e andare a zig zag dal Nord al Sud al Sud Est, arrivando almeno fino a Napoli. Tra l’altro per bere del vino dalle pendici dal Vesuvio, quella “canna fumaria dell’Inferno”.
Un Suo augurio ai lettori del nostro sito.
Trovare i mezzi e il tempo e visitare assolutamente Roma, se non ci sono ancora stati. Chi ha visto bene l’Italia e soprattutto Roma non potrà mai più essere del tutto infelice. Mica l’ho detto io, Goethe.