“Il mio amore per l’Italia è metafisico”, – intervista con Anatoly Korneev, fondatore della società Simple

Già da molti anni la società Simple è una delle principali importatrici di vino in Russia. Abbiamo parlato con il fondatore di tale società Anatoly Korneev di cultura del vino, della zona del Chianti, delle gare ciclistiche in Toscana e delle passeggiate a piedi nei pressi del lago di Garda.

 

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Anatoly Korneev, fondatore e co-presidente della società Simple, esperto di vini, specializzato in vini italiani

Quando si è approcciato con l’Italia per la prima volta?

Nel 1993, non in Italia, ma a Mosca, all’interno dell’azienda dove lavoravo allora. Infatti, subito dopo la fine degli studi alla facoltà di Filologia dell’Università Statale di Mosca, mi è stato offerto un posto come assistente nella rappresentanza di una società italiana. La cosa divertente era che, allora, sapevo solo il francese. La prima volta all’estero era stata per me nel ’90, in Francia.

In che regione francese?

In Provenza. Ero uno studente e sono partito per raccogliere le patate nei campi del luogo. Ho vissuto là due mesi e ho anche fatto discreti guadagni, capite voi stessi che raccogliere le patate in Provenza non è come raccoglierle a Mozhaisk. Bisognava andare nei campi verso le 5, fin quando non arrivava il caldo, certo non dormivamo quanto dovuto, tuttavia il lavoro finiva verso le 9 e poi avevamo tutta la giornata libera. Pertanto abbiamo girato tutta la Francia, o perlomeno quella meridionale.

Casualmente, il padre di famiglia, con la cui abitavo, come professione, insegnava enologia e l’arte del sommelier. A proposito, ora lui lavora in Russia. Inoltre, aveva il padre italiano. Prima della guerra i suoi progenitori si stabilirono in Provenza, per sfuggire al regime di Mussolini.

Sicuramente non ha fatto fatica a imparare l’italiano.

Esatto, sono lingue simili, romanze. Ho avuto modo di visitare l’Italia solo nel 1997. Al momento erano già quattro anni che lavoravo nell’ambito vinicolo. Il mio percorso è stato abbastanza standard: Rimini, Venezia, Firenze. Tuttavia per me è stata una scoperta sensazionale! Ho visitato Roma dopo, nel 1999. Si può definire il mio amore per l’Italia più che intenso: metafisico. Essendo filologo, conosco la letteratura italiana. Pertanto Boccaccio è colui che ha accompagnato la mia crescita professionale. Nonostante non sia un romanziere, per me i classici italiani sono stati d’obbligo.

Ha altri hobby riguardanti l’Italia, oltre al vino?

Il vino occupa il 99,99% del mio tempo, compreso il tempo libero, è da dire però che ha diversi ambiti attigui: la gastronomia, il turismo, l’alpinismo. A questi ultimi mi sono molto interessato ultimamente. Nonostante in Veneto, dove ho casa, non ci siano vette altissime, la più alta credo sia Monte Baldo di 2200 metri, per l’alpinismo comunque servono un certo coraggio e forza, il che aiuta a mantenere la forma fisica.

Monte Baldo, Veneto

Spesso parlo con gli italiani del mondo del vino e, molti di loro, si stupiscono della varietà dei vini nelle enoteche della Russia, in particolare, a Mosca. Quanto pensa che sia ben presentato il vino italiano?

Se confrontiamo Mosca con le principali capitali mondiali, forse siamo secondi solo a New York, ma sicuramente siamo al livello di Londra. Ciò è avvenuto per un fatto storico, e lo dico senza falso pathos, togliendo Simple, la carta dei vini sarebbe completamente diversa. Nel 1994, anno della fondazione della società, ce ne erano solo due specializzate in vini italiani. Senza di noi, difficilmente il mercato sarebbe proprio così com’è. Siamo stati anticonformisti. Se pensiamo al 1994, allora nella società c’era solo l’idea del vino sovietica: georgiano e moldavo per le masse e quello francese per le élite. All’epoca c’era poi anche il vino tedesco di bassa qualità, mentre dall’Italia niente. Per qualche casualità, forse più per un capriccio o per volontà della sorte, non abbiamo iniziato dal vino da tavola, né dall’IGT (di alta qualità) ma dai DOC provenienti da regioni diverse.

Per coincidenza, dopo il 1994, le frontiere sono state aperte ulteriormente, e la gente è potuta andare non solo in Turchia e in Spagna, ma allo stesso modo anche in Francia, Germania, Scandinavia e, beninteso in Italia. Venivano aperte fabbriche, si instauravano relazioni commerciali. Capivamo che valeva la pena proporre nuovi prodotti. Fortunatamente, ci ha aiutato la ristorazione, sviluppatasi in contemporanea con il turismo. Nel 1995 sono stati aperti i primi ristoranti italiani: “Il Pomodoro”, “Sadko-Arlecchino”, “Sadko-Arkada” (dove si trovavano tre ristoranti italiani). I precedenti ristoranti sovietici hanno iniziato a espandersi. In seguito è venuta la moda del Made in Italy. E, soprattutto, si è sviluppato un atteggiamento totalmente positivo degli italiani verso i russi e viceversa.

A quanto pare le disponibilità finanziarie dei russi sono diventante tali da poter mostrare il loro amore e la loro ammirazione per l’Italia.

Esattamente così. Tra l’altro, in tutto. Ci siamo innamorati subito del carpaccio, della pasta e dei vestiti italiani.

–          Recentemente ho parlato con Oscar Farinetti, fondatore di Eataly. M’interessava sapere perché lo Slow Food ed Eataly si sono originati proprio in Piemonte e perché la zona Langhe-Roero e Monferrato, inserita qualche anno fa nell’elenco UNESCO, è diventata ineguagliabile dal punto di vista di produzione vinicola. Lei, qualche anno fa, ha scritto un libro a proposito dei vini piemontesi. Mi racconti di questa regione.

Dal XVI secolo vi è uno spostamento delle residenze dei re sabaudi dall’altra parte delle Alpi, per evitare i continui inseguimenti nei loro confronti dei Burgundi. A tal proposito, la tutela del re di Francia e le sconfitte delle campagne non potevano che portare, nel 1574, allo spostamento della residenza a Torino, protetta dalla recinzione naturale che le Alpi rappresentano. Da allora si è aperta una nuova pagina riguardante l’italianizzazione degli svizzeri, i quali, in pratica, altri non erano, che i rappresentanti della dinastia sabauda. Il regno del Piemonte è stato quasi-indipendente e ha preservato l’indipendenza dal Regno di Sardegna. Il processo è terminato nel 1861, con la naturale formazione di un’Italia unita, in gran parte grazie ai loro sforzi congiunti.

Con la prima capitale italiana a Torino.

Assolutamente. Ovvio, quando si abita nella capitale, è molto più facile che svilupparsi lì economicamente e politicamente. Per questo, tutto ciò che accadeva nell’economia italiana degli ultimi 150 anni, arrivava dal Piemonte: la “Fiat”, “Olivetti”, la tecnologia informatica. In Piemonte il confine tra campagna e città è, da tempo, eliminato. Perciò vi sono più disciplina e più aspettative. Da dove si sono mosse le prime scuole enologiche? Da Alba. In quanto l’area delle prime zone produttrici di vino era in realtà redatta dalla volontà dei re. Per loro era un territorio che bisognava esplorare. Se, affianco, avevano ciò che erano abituati a bere, a cosa gli serviva andare fino in Toscana. Inoltre lì c’era la vicinanza col cugino francese. Questa interferenza si può osservare anche nella cucina, dove gli ingredienti sono italiani, la manodopera è italiana, l’aria è italiana, ma le tecnologie sono miste a quelle francesi.

Barolo

Dicono che sta scrivendo un libro sulla Toscana?

Sì, anche se ho sospeso la stesura nel 2014 per via della crisi. Da quest’anno, spero, di tornare a scrivere. Ho scritto un terzo del libro, per ora. Adesso ho trovato un ottimo stimolo: ho iniziato a cooperare con Attilio Scienza, il dio dell’ampelografia italiana, colui che conosce tutto il quadro viticolo italiano odierno. È una persona molto autorevole, che ha scritto un gran numero di articoli scientifici e libri che promuovono l’Italia e i suoi vigneti. Il mio terzo co-autore è, invece, Mikhail Alekseev, presidente della banca Unicredit.  Lui risponde dell’aspetto estetico del libro, del resto è un ottimo fotografo.

Lo conosciamo e anche noi collaboriamo con piacere con lui. Ha delle ottime foto, e il libro sulla Toscana è pubblicato in maniera eccellente.

Gli ho dato io quest’impulso nello studio della Toscana. Purtroppo nel nostro “matrimonio”, come accade nella vita, l’ho usato e lasciato. Lui ha fatto tutto quello che avevamo accordato, ed io mi sono fermato. Ma troverò la forza di volontà di continuare il lavoro.

La vostra società ha una propria produzione in Toscana. In che zona precisamente?

Sì, a Gaiole. Noi abbiamo formato questo mercato e capiamo com’è composta la domanda e quali trend ci sono, per questo la scelta di questa zona non è casuale. Gaiole è un territorio molto stabile, senza cambiamenti tettonici della domanda di vino. Non è la Maremma o il Brunello di Montalcino, dove i prezzi sono significativamente più alti.

Abbiamo cercato la zona giusta per molto tempo e in maniera molto accurata. Non volevamo giungere semplicemente nel Chianti Classico, desideravamo proprio le terre storiche con un terroir ricco. Dalle nostre vigne, a 500 metri di altezza, si può vedere Siena e i castelli dei baroni Ricasoli e Cacchiano. Questo posto è un concentrato di energia. Qui non è importante la parola Chianti, ma proprio Gaiole stessa.

Castello di Brolio a Gaiole

A lungo è esistita la “Lega del Chianti”, ciò che sognano tutti i produttori di Chianti Classico, fondare il concetto di terroir del Chianti, e non di una comune massa amorfa di 6500 ettari, di cui oltre 900 ettari sono produttori di vino.

La “Lega del Chianti” era formata dalle zone di Castellina, Radda e Gaiole. Castellina è stata in parte militarizzata per proteggersi da Siena, Radda è stata amministrata solo parzialmente, Gaiole invece era la componente commerciale, che per secoli ha rifornito di prodotti se stessa e i territori vicini. E se ora guardate il numero delle aziende oggetto di rating, a Gaiole la loro concentrazione per metro quadrato è molto più alta rispetto alle altre zone.

Questi vini si possono già degustare da qualche parte?

Sono ancora nelle botti. La viticultura è per persone pazienti e non lascia scampo agli errori. Talvolta non fai errori, ma arriva la volontà divina che cambia ogni cosa. Comincia a grandinare e…

Mi racconti della storica gara ciclistica Eroica. Non avevate pianificato di organizzare una delle tappe a Mosca?

Sì, il fondatore della gara è Giancarlo Brocci, un mio amico. La gara Eroica è una sintesi di sport, turismo attivo, gastronomia, enologia e in genere tutto ciò che si definisce italiano. Il percorso attraversa proprio l’area di Gaiole. Vogliamo portare questa esperienza unica a Mosca e porla su un livello elevato. Vorrei mostrare che anche in questo le nostre nazioni sono vicine. Le biciclettate sono di moda, basta vedere cosa sta accadendo in città. Siamo limitati dalla legge sulla pubblicità, pertanto non possiamo promuovere il vino direttamente, ma così, nell’ambito di un progetto più ampio di “toscanità”, si può sviluppare un’interessante iniziativa e in tal modo promuovere certi prodotti, tra essi il vino.

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L’Eroica © hipproductions / Shutterstock

A che punto è, ora, quest’iniziativa?

Vogliamo affittare internamente il parco “Sokolniki” nel maggio del prossimo anno e ora stiamo aspettando la risposta da parte degli organizzatori di Eroica. Stiamo progettando un programma completo. Anche “La tua Italia”, spero, sarà coinvolta. Tra i partner vediamo Bosco, Novikov, Eataly e altri, per fare qualcosa che va anche al di là della Toscana, non si può mica limitare Mosca all’ambito di una sola regione.

Può consigliare ai nostri lettori un posto interessante e insolito, dove potrebbero andare?

Sono pronto a fornire degli interi elenchi. Il Piemonte, e in particolare le Langhe, Barolo e tutti i piccoli comuni. In due ore e mezzo si può girare tutto e ammirare diversi paesaggi con una velocità da far girar la testa. Ogni movimento lungo questa serpentina provoca sensazioni interiori ed esteriori.  Sembrano le scene delle riprese di un film d’autore. Proprio come un dépliant, senza poi parlare dei ristoranti, della cucina, del vino e delle cantine che lì si possono visitare. Una bellezza tale che difficilmente trovi altrove.

Andiamo avanti, il Garda. Un posto esternamente importante per la cultura italiana, che ha preso forma tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Il Garda è il lago dei russi. La principessa Trubetskaya era una proprietaria di un’isola sul lago, Ida Rubinstejn ha vissuto con Gabriele D’Annunzio nella tenuta del Vittoriale. E, ovviamente, Verona, tutto attorno al lago è interessante di per sé.  Il Festival Jazz a Riva del Garda, Malcesine e le salite in funivia, la splendida vista sull’intero lago. Dall’altra parte i piccoli borghi, le fortezze medievali, gli avamposti.

Castel Gandolfo

Movendosi verso sud c’è Roma, la Città Eterna. Non voglio sembrare banale, ma ci sono un sacco di luoghi nascosti fuori Roma. Ad esempio i laghi, sono stato al lago Albano e al lago Nemi, nel sud-est, verso Castel Gandolfo. Posto stupefacente e d’indescrivibile bellezza, ma anche la residenza del Papa e la vista sulla città!

Горгона

Per quanto riguarda il mare, l’Isola di Gorgona con la sua famigerata prigione. La bellezza è tale che ti chiedi, ma davvero li volevano punire? Magari si sono messi d’accordo per passarvi la fine dei propri giorni? Di cose del genere l’Italia è piena, si può iniziare ma non finire. Non ho un solo posto preferito in particolare. Quest’anno intendo visitare quella parte della Calabria che per ora non conosco, la provincia di Cosenza. Mi ha affascinato la città Sibari, da cui il termine “sibariti”. Poi non ho ancora visto il Molise.

Gli italiani ritengono che in Molise, non solo non c’è il turismo, ma non esiste proprio.

Proprio così, si dice che le coste del Molise siano particolarmente rocciose, per ora non ho ancora avuto modo di visitarle. Vorrei girare anche la Puglia, ad oggi sono stato solo a Bari. Generalmente, la costa Adriatica più a nord è bassa e polverosa, con esclusione della rocciosa Trieste e della laguna veneta. Occorre anche citare la Riviera del Conero, è splendida! Ci sono poi la Sardegna e la Sicilia, poco conosciute per come sono realmente. A parole, si può raccontare a lungo, meglio vedere dal vivo.

 

Parole chiave
intervista, vino

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