“La qualità del prodotto è la nostra priorità in assoluto” – intervista con il team del ristorante “Salumeria”

Anche se giovanissimo, il locale ha già acquisito la fama di un luogo molto italiano a Mosca. Abbiamo parlato della cucina povera, rugby, pizza romana e Italia sconosciuta con il chef, il pizzaiolo, e il chef barista del ristorante.

 

La cucina

Thomas Cassa, lo chef

Qual è la tua idea dell’essenza della cucina italiana?

L’essenza della cucina italiana, a differenza di quella francese per esempio sono i prodotti. La cucina italiana nasce da prodotti poveri. La bravura della tradizione italiana è stata quella di prendere tre ingredienti poveri, che costavano poco, e fare un qualcosa di buono e saporito.

Puoi fare un esempio?

Ne posso fare parecchi! La bolognese nasce dal recupero di tutti gli scarti di carne che i ricchi non mangiavano e che i poveri raccoglievano gratis nei mercati. Infatti, la ricetta del ragù alla bolognese non esiste perché si usava utilizzare la carne che si riusciva a trovare: tutti scarti, quindi pezzi molto grassi di solito. La polenta ha fatto sopravvivere gli italiani per vent’anni, forse, nel dopoguerra, perché nessuno ormai aveva più soldi per fare nulla. I funghi si trovavano in autunno fuori di casa, quando pioveva, e loro a costo zero creavano comunque ricette gustose e saporite che non solo facevano sopravvivere le famiglie ma le facevano anche essere felici, perché quando mangi bene sei sempre più contento, io associo l’umore molto al cibo.

C’è differenza tra la cucina del Sud e del Nord?

Il burro – l’olio: questa è la più grande differenza tra Nord e Sud in Italia. L’olio arriva al Nord sessant’anni fa, prima al Nord si cucinava solo con il burro e il grasso di maiale. L’olio era tipico del Sud Italia. È una cosa che rimane molto anche adesso, infatti il risotto è tipico del Nord Italia perché il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano sono prodotti del Nord. Tutto quel burro che ci vuole per fare un risotto, al Sud non è concepito. Fanno cose diverse, al Sud è più tipica una frittura in olio d’oliva, per esempio, che è una frittura importante, dove l’olio d’oliva si sente particolarmente forte rispetto all’olio di semi dove si frigge normalmente.

Secondo te, anche una tendenza nuova come lo street food in Italia ha le radici nella tradizione?

Sì, oggi vengono riproposte cose che stavano quasi sparendo e stanno tornando di moda. A me piacciono anche i ristoranti dove ti siedi e ti trattano come un principe. Però anche fermarti per strada cinque minuti e mangiare – per esempio, in Sicilia c’è il pane con la milza. E sta rispopolando in mezzo alle strade, dove vendono questi piatti della tradizione, o la stigghiola, son tutte interiora che hanno imparato a cucinare anni e anni fa perché erano le uniche cose che potevano cucinare. E ne ripropongono alcune anche in chiave moderna, adesso invece che un semplice panino fanno un pane studiato, con lievito madre, il forno a legna.

Quindi riusciamo anche a elevare quello che era prima un piatto della tradizione, perché comunque negli anni si è studiato, si sono imparate tante cose nuove, e prima si lavorava più sull’istinto e sul sapore. Adesso si sa il perché di un sacco di cose e quindi le si riesce a preparare meglio, ci sono i libri, le cose non sono più solo nella pratica ma anche nella teoria. E questo si rispecchia anche nello streetfood: a Milano c’è un posto che – penso abbiano preso l’idea dall’America, non è molto tradizionale italiano, ma lui fa hot-dog di aragosta. E fa dieci tipi di panini con varie salse, vari condimenti, e dentro 200 grammi di aragosta in un panino… E sono belle realtà.

Qual è il tuo approccio al bivio tra la tradizione e la modernità?

Per me non è un bivio, però un lavoro giornaliero di far incontrare la tradizione con la modernità. Ma non è quello che facciamo in salumeria, perché qui puntiamo sulla tradizione. E cerchiamo di andare leggermente incontro al sapore russo, dove siamo sicuri che la tradizione italiana non sarebbe apprezzata.

Quello che cerco di fare io da sempre è di prendere un’idea che arriva dalle mie radici, dalle tradizioni, e trasformarla in qualcosa che sia moderna e non vista prima. Alleggerirla soprattutto perché la cucina italiana tradizionale è veramente ricca di grassi. Quindi a me piacciono cose naturali, cerco di alleggerire una ricetta e proporla in una forma diversa. Ho fatto negli anni un “ossobuco senza buco”, per esempio, dove toglievo l’osso. Facevo un ossobuco, toglievo l’osso e lo risigillavo dentro un sacchetto sottovuoto. Praticamente, diventava solo la carne dell’ossobuco, e mettevo l’osso a parte, vicino. Lo scomponevo, praticamente. Ma se lo mangiavi insieme, avevi lo stesso piatto tradizionale in bocca.

Se uno volesse fare un viaggio alla scoperta della cucina italiana, quali sono le tappe imprescindibili?

È molto soggettivo, perché, veramente, in Italia ogni regione ha una cucina diversa. Potresti sentirti in un altro paese ogni volta, anche se in realtà ti sposti di 50-60 chilometri. Però in assoluto le cucine preferite in Italia sono quelle ligura, toscana e siciliana. Anche perché è un percorso: passiamo dal nord al centro d’Italia per arrivare al sud. Io attingo tantissimo da queste cucine.

Può dare una breve caratteristica a ciascuna?

Certo. In Liguria mi focalizzerei soprattutto sui moreprodukty, perché si mangia del pesce buonissimo. Loro fanno il fritto del fondo di reti. Vanno a pescare il pesce nel mare con queste reti, alla ricerca dei tonni, grandi branzini, polipi… Vendono al mercato tutto quello “top quality” e poi rimane il fondo di rete, che di solito sono pesci piccoli, che restano nel fondo della rete. Mista così, la compri al mercato, la metti con un po’ di farina e a frecci. E basta.

Come si chiama?

Fritto di paranza si chiama che praticamente è un fritto di fondo di rete.

Basilico di Pra, migliore basilico del mondo, che prendi per fare il pesto che in assoluto non ha paragoni, perché loro hanno pinoli d’oro, l’olio ligure è particolarmente delicato, uno dei miei preferiti, e quindi non va a sovrastare il sapore del basilico. Se fai il pesto con l’olio siciliano o anche un buon olio toscano, rischi di avere un pesto che non ha un sapore giusto. Tende ad essere un po’ troppo piccante o troppo amaro di olio extravergine, e vai a perdere quello che è l’ingrediente principale, cioè il basilico. Penso che della Liguria questo sia il meglio.

In Toscana – la carne. In Toscana nasce la fiorentina, la “T-Bone” anche se dicono che è stata un’idea americana. Infatti, dicono che bistecca nasce dalla “beef steak”, perché gli americani arrivati qui in tempo della guerra avevano scoperto quanto buona era la carne in Toscana e aveva insegnato agli italiani questo taglio che in America si chiama “T-Bone”. Lo chiamavano “beef steak” e noi l’abbiamo tradotto in bistecca, anche se inizialmente non capivano di che cosa stavano dicendo. Devo dire che la carne, soprattutto il manzo, ma anche il maiale, in Toscana è numero uno. Anche la traduzione sui salumi è lunghissima e ancora propongono risotti, se non ti trovi troppo al sud…

La Sicilia è molto caratteristica da parte della cucina tradizionale, quello che dicevo all’inizio, parlando dei prodotti poveri. La Sicilia è l’esempio massimo di questo, perché lì erano più poveri che nel resto dell’Italia. E poi frutta e verdura. Con tutto il sole che c’è in Sicilia, è quasi come in Africa, così vegetali: pomodori, pesche, fragole, fragole, tutte frutta rosse, vengono molto meglio con il sole siciliano. Come anche l’olio di oliva. L’extravergine in Sicilia è il mio preferito in assoluto.

Può nominare un piatto sardo per eccellenza?

Caspita! Piatti sardi per eccelenza sono molti, per esempio il porceddu, che è un maialino di massimo 2 mesi. È un maialino interno cotto al fuoco. Dicono che il maiale sardo è più morbido e saporito che si possa trovare in tutta l’Italia. Però se vogliamo passare a una cosa un po’ meno carnivora, loro fanno paste fresche, per esempio, culurgiones: sono ancora un esempio della povertà italiana. È un raviolo senza uova, una pasta di farina, ripiena di purè di patate. E loro lo chiudono a treccia. Per fare un pezzo di questo ci vogliono 3 minuti di lavoro. E loro fanno ore e ore di questi lavori. Bellissimo!

È la Sardegna il suo posto preferito per le vacanze in Italia?

Se devo consigliare un solo posto, dico la Sardegna. Per la combinazione del cibo e del mare. Ma anche leggermente di servizi. So che ai russi piace stare comodi, normalmente. Io ho girato il mondo per ostelli e non li ho mai incontrato un russo. Anche pochi italiani, devo dire la verità. Allora, la Sardegna è cara come una destinazione con molti servizi. Però in realtà non ha molti servizi. È cara perché è un posto elitario, anche italiani che stanno meglio vanno in Sardegna in luglio, agosto.

Dove precisamente consiglia di andare in Sardegna?

Io consiglio Sud. Perché non è così pieno di gente. E più locale, c’è meno turisti e più gente sarda, e quindi il fatto della tradizione, il fatto dei cibi originali, imparare a fare i ravioli con la treccia, riesci tutto molto più semplice.

 

La pizza

Edoardo Papia, pizzaiolo

Come si trova a Mosca?

Molto bene, grazie. L’ultima esperienza lavorativa l’ho fatta per 3 anni a Glasgow, Scozia. Quindi diciamo che il tempo è simile. Però sono originario di Roma.

Lei è romanista?

Non seguo il calcio. Ho giocato 10 anni a rugby. Sono smesso perché dovevo partire per il lavoro, prima in Spagna, poi in Scozia, come avevo già detto, e ora sono qui.

Allora, qual è il segreto della pizza?

Non ci sono i segreti. Tutto sta nella passione che ci si mette nel farla. Buttare 10 chili della farina nell’impastatrice, metterci l’acqua, l’olio, il sale, il lievito, lo sanno fare tutti. Però ci sono dei passaggi fondamentali che vanno rispettati e seguiti. Anche il sentire dell’impasto. Molto è visivo. Ecco perché normalmente faccio personalmente l’impasto: non perché non mi fidi, devono ancora imparare la metodologia italiana. Ho visto come lavorano in Spagna, ho visto come lavorano in Scozia, direi che “paese che vai, usanze che trovi”. C’è chi invece di pizza vuole un biscotto, c’è chi invece la preferisce più molle, anche qui mi hanno fatto cambiare l’impasto. Abbiamo trovato un giusto mix tra la pizza romana, cioè molto fine, sulla base però un po’ in rilievo, che però non è napoletano, non rimane bagnato come nella pizza napoletana che magari al cliente russo può non piacere. Il cliente russo non vuole neanche le bolle sul cornicione, bisogna stare attenti con la temperatura nel forno. Invece in Scozia era l’inverso, preferiscono la pizza ben cotta. Ripeto, paese che vai – usanze che trovi, ci siamo adeguati.

Quale scuole di pensiero sulla pizza esistono in Italia? Quante tradizioni?

Tra le più importanti sono quella romana (da Roma in su) e quella napoletana (da Napoli in giù). Ma io la faccio differente da entrambe. Prendo lo spessore di una pinza.

E delle pinze stesse, che ne pensi?

Per il momento non le ho mai voluto fare e mi concentro sull’aspetto di una pizza romana. So stendere la pizza napoletana, l’ho imparato dai ragazzi con cui ho lavorato e chi erano napoletani. L’ho fatto per una pura curiosità, ma non voglio andare oltre, perché è tutt’un’altra materia. Ho cominciato con la pizza alla romana e penso che finirò con la pizza alla romana.

C’è una differenza nei condimenti tra Roma e Napoli? Oppure oggi sono standard?

I condimenti dovrebbero essere standard, perché i prodotti come polpa di pomodoro e il resto sono standard, però se vuoi cercare la perfezione con prodotti DOC, DOP, IGP, allora quello è un altro discorso, però andiamo su un livello di pizza superiore. Allora adesso quando sono stato in Italia ad agosto, ho fatto un piccolo giro di pizzerie per curiosità, anche se per motivi chiari io quasi non la mangio. E posso dire non c’è quella grossa differenza di prodotti, ma c’è nel prezzo. Se si richiede una pizza con un determinato prodotto, il prezzo sale. Il cliente russo ne è consapevole. Mentre quello italiano no, vuole una pizza seafood, ma 7 o 10 euro alla pizza non te li do. Anche questo mi ha portato di fare un’esperienza all’estero. Perché il concetto di mangiare è differente. Noi siamo il popolo delle venerdì e sabato vado a mangiare la cena fuori, mi mangio la pizza sempre nella stessa pizzeria da vent’anni, sono amici miei anche se il prodotto è un pochino più blando.

C’è un luogo in Italia che consiglieresti per la vacanze?

Come bellezza le nostre isole sono tra le più belle al mondo, quindi la Sardegna, la Sicilia in primis. Anche per come si mangia. Il maialino, il casu marzu, una roba squisita anche se proibita. Però si fa ancora in casa per gli amici. L’ultima volta sono stato a Porto Rotondo, ma secondo me la vera Sardegna è Olbia, Oristano, sono posti un po’ meno turistici però dove si capisce quello che è la vera Sardegna. Veramente li ci sono le coste più belle che io abbia mai visto. Come in Sicilia, dove è successa la stessa cosa. Messina, Palermo, Catania. Giravo li mentre giocava rugby, ma tornavo anche in vacanza e sono sempre rimasto contento.

 

Il vino

Salvatore Cerasuolo, chef-barista

Raccontaci un po’ su di te.

Vengo da Roma, ma sono Napolitano. La mia storia è iniziata con la trattoria di famiglia. All’età di sedici anni quando ho già deciso che ristorazione sarebbe la mia via. Iniziò allora a girare tra l’Italia ed Europa, tra alberghi 5 stelle, pizzeria e ristoranti stellati. Volevo conoscere profondo questo mondo. Poi ci stata l’esperienza molto importante nel ristorante Petrus di Gordon Ramsay. Li mi sono appassionato dal mondo di vino. Ho deciso di tornare in Italia per studiare in questo settore per l’Associazione italiana sommelier.

Nel 2009 ho conseguito il titolo del sommelier professionista nelle Marche. Nello stesso hanno ho diventato il miglior sommelier delle Marche. Ho lavorato al fianco con Michele Alesiani, è un più grande conoscitori dei vini italiani e francesi in Italia. Poi mi sono spostato a Roma, dove ho iniziato a lavorare con la famiglia Roscioli, che è il nome di spicchia sia Romano sia nazionale. Qui Alessando Rosciolli mi ha fatto capire che cos’è la materia prima, il prodotto di qualità e il giusto modo di comunicare con il cliente.

Da quanto tempo abiti qui?

Abito qua da pochissimo e Mosca mi sembra una città megalopoli.

Che mi dici sulla carta dei vini?

Siccome siamo un locale italiano fondato sul periodo storico più promittente in Italia che appunto è la dolce vita abbiamo deciso di impostare carta dei vini soprattutto su un’ottima carta al livello qualitativo e non quantitativo su bollicine, champagne e spumanti soprattutto provenienti dall’Italia e dalla Francia. La carta sarà centrata per 80% sui vini Italiani da Nord a Sud dai vini facili e poco complessi da cui gli amanti potranno trovare delle ottime bottiglie. Sotto ogni vino sarà una descrizione aromaticità corpo e descrizione del gusto. Vogliamo fare questa cosa per chi non conosce questi vini. Stiamo anche lavorando con gli importatori per portare qui i vini delle piccole aziende con poca quantità per avere qualcosa di nicchio.

Avete una macchina per caffè speciale qui, che cos’è?

Possediamo una macchina Vittoria Arduino. È una replica del 1936 ed è stata la prima macchina senza difetti. Prima di quel periodo la macchina per l’espresso era inventata 45 anni prima solo che al momento in cui è uscito quel modello è andata aventi per prima. Perché prima non riuscivano a controllare il vapore l’acqua al interno che produceva pressione e quindi la macchina esplodeva. La Victoria Arduino è stata tre le prime ha trovare il modo per rimediare guasto grave problema ed è uscito quel modello Venus. Quella nostra è la replica ma è difficile da usare. Perché come se tu guidi una macchina moderna con ABS il controllo di regione e tutto quanto e guidi una macchina degli anni 70. Quella è la stessa identica cosa. Abbiamo preso questa macchina dal punto di vista stilistico e poi abbiamo cercato di trovrae la cosa più autentica che si potesse mettere in questo locale.

Quale posto preferisci per andare in vacanza in Italia?

Il mio posto preferito sicuramente sarebbe Le Marche. C’è tutto: il vino e cibo buonissimo, le spiagge, la cultura… E poi non è cosi tanta famosa e affollata dai turisti.

 

Parole chiave
gastronomia, intervista

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