Cosa vedere
Olbia
Di antichissima fondazione, Olbia offre una ricca scelta di siti archeologici, che permettono di esplorare la storia millenaria della città e dei suoi abitanti: il nuraghe Riu Mulinu (Cabu Abbas), la tomba dei giganti di Su Monte de S’Abe, il pozzo sacro nuragico di Sa Testa, le mura puniche, il castello di Pedres e quello di Sa Paulazza, l’acquedotto romano, la fattoria romana di S’Imbalconadu, i relitti romani e medievali rinvenuti nello scavo del porto antico, corrispondente al lungomare dell’attuale centro storico. Ma anche gli edifici ottocenteschi quali la biblioteca Simpliciana e il Palazzo Comunale, e chiese monumentali come la Basilica minore di San Simplicio e la parrocchia di San Paolo, eretta nel XVIII sec.
I dintorni di Olbia offrono un gran numero di possibilità per escursioni in auto e a piedi, verso zone d’interesse archeologico, naturalistico e ovviamente balneare, grazie alla stupenda area costiera, che si estende per un centinaio di chilometri alternando spiagge a scogliere di incomparabile bellezza. L’Area Marina Protetta, su cui spicca con i suoi 500 mt d’altezza il massiccio di Tavolara; le spiagge di Pittulongu, Bados, Marinella, lo Squalo e Mare Rocce, caratterizzate da una sabbia bianca e finissima e da acque cristalline; poi a sud le spiagge delle Saline, Poltu Casu e Porto Istana.
Unica città della Sardegna fondata dai Greci porta ancora il nome che le hanno dato: Olbía vuol dire infatti “felice”, in riferimento alle straordinarie caratteristiche naturali della sua posizione.
La bellezza della costa, con le sue spiagge mozzafiato e le rocce multiformi, i parchi marini protetti ed i percorsi escursionistici si unisce al fascino dell’entroterra, con la sua impronta pastorale e rurale, le chiese di campagna ed i piccoli musei etnografici, la vegetazione caratteristica, le varietà animali, le tradizioni enogastronomiche.
Porto Rotondo
A diciotto km da Olbia sorge il villaggio di Porto Rotondo. Fondato una cinquantina d’anni fa con l’intendo di renderlo una delle capitali della mondanità estiva, mantiene fede al suo scopo: dallo shopping alle passeggiate, dagli appuntamenti mondano-culturali alle attività sportive con in testa la vela. E la notte la musica, il cibo e i cocktail, la quintessenza dello svago e del divertimento nei locali più alla moda.
Dopo una giornata in una delle magnifiche spiagge dei dintorni (Marinella, Ira, Rudalgia, Sporting, dei Sassi, delle Alghe, Hruska, Punta Nuraghe, Punta Volpe) è d’obbligo una passeggiata per il villaggio: piazza San Marco, firmata da Andrea Cascella, come per Venezia è il cuore del villaggio; la chiesa di San Lorenzo, nata come cappella privata della famiglia Donà delle Rose, ma il suo preciso disegno architettonico, i materiali e, soprattutto, le splendide sculture in legno di Mario Ceroli custodite al suo interno l’hanno resa centro spirituale e culturale di visitatori; la darsena, col suo sapore veneziano; la mastodontica Catena alimentare, scultura mosaico firmata da Emmanuel Chapalain: l’artista francese ha giocato con il granito di gallura e lo ha assecondato senza vincerlo, lo ha armonizzato senza piegarlo e il granito, ora, racconta.
La scoperta della campagna: San Pantaleo
Incassato fra i picchi di granito che sovrastano la Costa Smeralda e le spiagge di Portisco, Rena Bianca, Razza di Juncu si trova il suggestivo villaggio di San Pantaleo.
Gli stazzi (case di campagna) popolano quest’area ricca di acqua e boschi, sulla direttrice della vecchia strada romana fra Olbia e Tibula. Le sorgenti rappresentano una delle attrattive del villaggio: anticamente la zona era detta “Le fonti di Beddoro”, e costituiva un’oasi di benessere e vita salubre in un punto poco battuto e quasi deserto.
Il paese nasce grazie all’iniziativa degli abitanti degli stazzi nei dintorni: nel 1894 chiesero al vescovo di Tempio la creazione di un punto di riferimento religioso e sociale: la chiesa fu eretta nel 1903, dove si trova ancora oggi. A pochi metri sopravvivono anche i resti dell’antico cimitero, ora abbandonato.
A partire dagli anni Settanta un gruppo di artisti e pittori ha popolato il villaggio, attratto dalla sua atmosfera fuori dal tempo e assolutamente informale, lontana dalla mondanità della Costa. Pittori, decoratori e scultori arrivati da tutta Europa hanno fatto nascere a San Pantaleo una sorta di bohème. Accanto agli stranieri è attivo anche un gruppo di artigiani galluresi, ricercatissimi per i loro manufatti, realizzati in materiali essenziali: legno, ferro battuto, terracotta e ceramica. I pezzi unici di questi artigiani locali sono andati ad arredare le ville dei dintorni, ma sono anche un acquisto ambito dai turisti che arrivano d’estate.
Il soggiorno nel villaggio è gradevole tutto l’anno. Le feste campestri sono dedicate ai santi protettori di questa zona: accanto a Pantaleo, ecco le celebrazioni dedicate a San Salvatore nel vicino abitato di Monti Canaglia, San Martino che si celebra sul monte di Cugnana, San Michele e infine Santa Chiara.
La cucina
Una cucina semplice e senza fronzoli, influenzata dalle provenienze e dalle abitudini alimentari delle genti che abitavano Olbia.
I ricci adornano e abbelliscono con le loro uova le migliori pastasciutte dei ristoranti di Olbia. L’altro sapore collegato al mare è senza dubbio la bottarga, o uova di muggine. La bottarga è un condimento a tratti agro a tratti gradevolissimo, spesso compagno di grandi paste; può essere consumata anche da sola, o con un po’ di sedano, come dovizioso contorno o antipasto, ed è ormai richiesta da tutti i visitatori che scoprono Olbia.
Dal mare deriva una tradizione alimentare arricchita da piatti semplici ma gustosi, frutto dell’antica cucina dei pescatori.
Le ortiadas sono un antipasto di mare sfizioso: frittura di anemoni o attinie passate nella semola e nell’olio di rosmarino. L’ennesimo tuffo inevitabile nella cucina locale è poi costituito dai mitili: cozze e ostriche, coltivate in tutto il golfo, sono un riferimento fisso nei piatti tutto l’anno.
Cozze gratinate, cozze crude, semplicemente arricchite con limone, e cozze bollite, secondo la tradizione della mitilicoltura introdotta dai primi coltivatori tarantini alla fine dell’Ottocento.
Altro piatto tradizionale nella cucina olbiese è la burrida: gattuccio lessato e condito con salsa a base di fegatini di pesce. Spigole e orate, zuppe di pesce e una seria frequentazione sui crostacei come cicale, aragoste e granchi.
I vini che accompagnano una serata di buon mangiare olbiese sono prodotti dalle viti della piana e dell’agro olbiese, primo tra tutti il Vermentino di Gallura DOCG delle migliori cantine del territorio: Pedres, Piero Mancini, Tenute Olbios.