Comprendono ben due vulcani attivi, Stromboli e Vulcano, oltre a vari fenomeni di vulcanismo secondario. Nell’anno 2000, le Isole Eolie sono state designate Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Cosa vedere
La natura
La prima cosa da fare è salire sul cratere dell’isola di Vulcano, da dove la vista che vi aspetta è incredibile nel vero senso della parola. Da qui potete avere una vista completa di tutta l’isola e delle altre sei sorelle! Se poi il cielo è limpido si vede molto bene anche la costa tirrenica messinese.
Invece, a Panarea, esiste un’intensa attività di fumarole sottomarine. Il fenomeno è dovuto alla fuoriuscita di gas vulcanici che premono sotto la crosta terrestre e sono comuni in tutte le zone vulcaniche e nelle Isole Eolie ve ne sono un po’ ovunque. È facile poterle osservare da vicino.
Le guide dell’isola di Stromboli sapranno condurvi progressivamente in cima al vulcano (a seconda delle fasi eruttive di Iddu). Lo spettacolo è comunque assicurato, sono emozioni che si ricordano per tutta la vita. Queste isole vulcaniche offrono numerosi siti naturali dove è possibile far rilassare la vostra pelle insieme alla vostra mente in Spa a cielo aperto, bagnandosi in acque sulfuree. Non ci saranno tickets o scadenze, potrete starci quanto vorrete. Siete in vacanza a Vulcano!
Se amate le acque limpide, ci sono 5 isolotti in prossimità di Panarea: Basiluzzo, Dattilo, Lisca Nera, Bottaro e Lisca Bianca. Sarà piacevole fare una conoscenza più ravvicinata con un’escursione a bordo di un’imbarcazione.
Lipari
Lipari, l’antica Meligunis greca, con i suoi 37,6 kmq di superficie costituisce la maggiore isola dell’arcipelago eoliano con circa 9.000 abitanti residenti. I paesi sono cinque: Acquacalda, Canneto, Pianoconte e Quattropani, collegati alla cittadina di Lipari dalla strada panoramica che costeggia tutta l’isola.
La vetta più elevata è il Monte Chirica: i suoi 602 metri sono un ottimo punto d’osservazione di tutto l’arcipelago.
Le attrattive di Lipari, oltre alla bellezza delle sue accoglienti spiagge, sono il Museo Archeologico, le colate di ossidiana e le cave di pomice, da cui si estrae la famosa pietra.
Rinomata è la produzione vinicola della Malvasia. Oggi i fenomeni di vulcanismo sono limitati alla presenza di attività fumarolica e di sorgenti calde, prevalentemente localizzati nel versante occidentale dell’isola. Tra le emergenze storico-architettoniche, ricordiamo il castello di Lipari con l’antico chiostro benedettino di epoca normanna e la cattedrale del XIII sec.; a Marina Corta, la chiesa del purgatorio XIII sec., l’acropoli e i resti delle tombe di età greco- romana. Interessante é la visita al museo archeologico di Lipari e alle chiese barocche. Lungo la costa, che da Canneto arriva al borgo di Acquacalda, sono present numerose spiagge bianche di pomice con i colori del mare che variano dal turchese al blu intenso, creando un paesaggio unico e suggestivo. In antichità tali aree erano adibite all’estrazione dell’ossidiana, pietra importantissima per le isole.
Vulcano
La greca Hierà (sacra), Thermessa, o ancora l’antica isola di Efesto, (dio greco del fuoco secondo Tolomeo), diventò con i romani “Vulcano”. L’isola rimase disabitata a causa della forte attività vulcanica che ha periodicamente caratterizzato il Grande Cratere. Attualmente tale attività è limitata alle emissioni fumaroliche, presenti pressoché ovunque sull’isola, ma principalmente concentrate sui bordi della Fossa e nell’istmo tra il Faraglione e Vulcanello. L’ultima grande eruzione avvenne nel 1888, e costrinse i pochi coloni dell’isola ad abbandonare l’estrazione di zolfo e di allume, già esistenti in epoche remote.
La zona del porto e l’istmo di Vulcanello (nonostante l’edificazione eccessiva) sono tra i paesaggi più suggestivi e peculiari del Mediterraneo. L’istmo ospita da qualche anno a questa parte uno stagno, che costituisce un ambiente estremamente propizio per la sosta di uccelli limicoli, tra i quali numerosi caradridi, scolopacidi e trampolieri. Nell’istmo troviamo la vegetazione tipica dei terreni sabbiosi, inondati con l’abbondante giunco pungente. Nell’area circostante, caratterizzata dalla presenza di dune sabbiose, tra la spiaggia del Porto di Ponente e lo stagno si possono osservare la santolina delle spiagge, la calcatreppola marittima, il giglio marino, totalmente assenti o estremamente localizzate nel resto dell’arcipelago.
Vulcanello si formò in piena epoca storica, costituendo un’isola dapprima indipendente, attraverso tre principali cicli eruttivi; durante l’ultimo, avvenuto nel XVI secolo, i detriti accumulatisi nel canale e le correnti marine, determinarono la formazione dell’istmo che attualmente la collega a Vulcano. Un’altra zona di notevole interesse è la località Piano, dove a quote comprese fra i 350 e i 400 m s.l.m. cresce un considerevole numero di esemplari della papilionacea endemica il Citiso eolico.
In diverse località dell’isola sarà possibile osservare una cucurbitacea spontanea con frutti rotondi, somiglianti vagamente a piccole angurie, non più lunghi di una dozzina di centimetri, una specie di origine sudafricana introdotta e acclimatata nel Mediterraneo, rarissima in Italia. La costa occidentale è da secoli sito di nidificazione della berta maggiore, e della meno comune berta minore; questi procellaridi che vengono dialettalmente chiamati “quajetri”, hanno ispirato il toponimo dello scoglio che sorge fuori Punta Capo Secco, detto originariamente “Petra ‘i Quajetri”.
Panarea
Panarea è la più piccola fra le isole dell’arcipelago. Con soli 3,4 Kmq di superficie e quella con minore sviluppo altimetrico, raggiungendo appena 421 metri s.l.m. con il rilievo di Punta del Corvo e Punta Cardosi (402 metri). L’isola presenta una notevole varietà di ambienti e una certa diversità, soprattutto nella sua componente floristica rispetto alle altre isole, così da costituire una interessante meta naturalistica. Tra le numerose ipotesi geologiche sulla genesi di Panarea, assai interessante è quella che Panarea sia parte di un grande cratere vulcanico distrutto, con i bordi estremi a Basiluzzo e Lisca Bianca.
Stromboli
Stromboli è l’unica isola dell’arcipelago con un’attività vulcanica permanente. Il fenomeno è definito appunto” attività stromboliana”, famosa dizione riportata su tutti i principali testi di geologia e vulcanologia. L’isola è nota all’uomo almeno fin dai tempi in cui i primi navigatori si avventurarono nel Tirreno, e dovettero scorgerne in lontananza la scura sagoma conica, il bagliore notturno delle esplosioni e il fascino dello spettacolo, rappresentato dal vulcano in eruzione sono sicuramente uno spettacolo da non perdere alle Eolie.
Questa isola è la più settentrionale dell’arcipelago ed ha una superficie di 12,6 Kmq e si eleva con forti pendenze fino a 924 m s.l.m. con il rilievo di Serro dei Vancori. Attualmente la popolazione residente, che conta circa 500 abitanti, vive grazie ad un’economia fondata quasi esclusivamente sul turismo. Il suo territorio si presenta poco accessibile, ma nonostante ciò le poche zone pianeggianti erano un tempo estesamente coltivate e Stromboli aveva una rinomata produzione di malvasia. Dietro l’abitato di Ficogrande, sono presenti boschetti di leccio, vere e proprie “isole” di vegetazione arborea sopravvissute ai drastici disboscamenti effettuati in passato. Sempre a Ficogrande è da vedere la stupenda da spiaggia nera. Assai suggestivo dalla parte opposta dell’isola è il borgo di Ginostra nel versante sudoccidentale, con una massiccia presenza della ginestra endemica, da cui prende probabilmente il nome. Qui raggiunge circa quota 850 m., una delle più alte stazioni note per questa leguminosa arbustiva. Il borgo è raggiungibile solo via mare in quanto il vecchio sentiero lungo costa, già difficoltoso nei tempi antichi ( detto “Malopasso”) è attualmente impraticabile con alcune frane in vari punti della costa.
Filicudi
Recenti studi hanno permesso di attribuire un’età superiore al milione di anni per le lave del centro di Zucco Grande, che costituirebbero dunque i più antichi prodotti emersi finora conosciuti nell’intero arcipelago. L’etimologia del nome greco, “Phoinikodes”, deriva secondo Aristotele dall’abbondante presenza di palme; altri autori, più recentemente, hanno sostenuto che tale toponimo potesse derivare dalle felci, cui è intitolato il rilievo più alto dell’isola. Filicudi è stata coltivata per diversi secoli, come testimoniano i terrazzamenti abbandonati presenti su quasi tutta l’isola, prevalentemente nell’area compresa tra Monte Palmieri, Riberosse e Valle Chiesa, oltre che nel versante meridionale e occidentale. Nei pressi della Grotta del Bue marino è visibile una colonia di rondone pallido, mentre gli anfratti rocciosi e le piccole grotte di questo tratto di costa offrono rifugio a numerose coppie di piccione selvatico. Tra le orchidee risultano presenti soltanto per quest’isola: l’orchidea gialla, con fiori giallo-biancastri e l’Orchis mario L. , qui abbastanza comune e la splendida fior di ape.
L’isola era regno della foca monaca, scomparsa da Filicudi nel 1937, anno in cui viene documentato l’abbattimento dell’ultimo esemplare, presso la grotta del Bue marino. Sulla costa settentrionale è invece ubicata un’eccezionale colonia di falco della regina, composta da diverse coppie nidificanti.
Alicudi
Nonostante l’aspetto antico e la forte suggestione che esercita in tal senso al primo impatto sul visitatore, Alicudi, è una delle isole geologicamente più recenti. Alcuni studiosi hanno attribuito, infatti, all’isola un’età inferiore ai 90.000 anni, con vari stadi evolutivi nella sua formazione. Alicudi è oggi scarsamente popolata (i residenti non raggiungono il centinaio) e manca di una rete viaria carrozzabile; alla fine dell’ Ottocento invece la comunità era più numerosa; il suo versante orientale si presenta quasi interamente con terrazzamenti, segno di un passato affidato all’agricoltura. Il versante occidentale, dell’isola, aspro e selvaggio, è invece rimasto disabitato, ed è impraticabile a causa delle forti pendenze che lo caratterizzano.
Salina
L’isola si eleva dal mare con un rilievo vulcanico a ovest, che giunge fino a quota 860 m s.l.m. (Monte dei Porri) e con altri due edifici, ad est, sempre vulcanici, che raggiungono 850 m s.l.m. (Monte Rivi) e 962 m s.l.m. (Monte Fossa delle Felci). Pressoché al centro dell’isola vi è una depressione alta 285 metri (la fertile sella di Valdichiesa, dove la particolare orografia consente la coltivazione di ottimi vigneti a Malvasia), che separa i due gruppi di rilievi. I primi colonizzatori dell’antica Grecia, chiamarono quest’isola con il nome di “Didyme”, proprio per l’inconfondibile aspetto delle due montagne “gemelle” che si stagliavano alte sul mare. Salina, come le altre isole dell’arcipelago, è emersa dal mare durante il Quatemario. L’ultima eruzione vulcanica sembra si sia verificata circa 13.000 anni fa a Pollara; oggi le ultime, deboli manifestazioni secondarie, che si registrano nel mare di Rinella, sono costituite da periodiche emanazioni sottomarine di gas (idrogeno solforato ), denominate dalla popolazione locale “sconcassi”.
A Salina è presente il laghetto salmastro di Punta Lingua, sede di un’antica salina, da cui prende origine il nome attuale dell’isola. All’interno del laghetto vi possono intravedere dei ruderi di mura romane dell’età imperiale. Questo stagno ha una superficie di un ettaro e mezzo con una profondità massima di circa 3 metri. Il laghetto è una piccola ma importante zona umida di sosta per molti uccelli migratori che, recandosi in Africa o di ritorno da essa, transitano sull’arcipelago.
La cucina
Malvasia
U pani cunzatu di Lingua a Salina
Granita di gelsi con panna
Come arrivare
In aliscafo
Milazzo – Collegamenti plurigiornalieri (Siremar – Ustica Lines). Messina/R. Calabria – Una volta al giorno durante il periodo invernale, plurigiornalieri in estate (Ustica Lines). Napoli – In estate due corse al giorno (Ustica Lines – S.N.A.V.). Palermo – In estate due corse al giorno (Ustica Lines). Cefalù – In estate due corse al giorno (Ustica Lines).
In traghetto
Milazzo – Collegamenti plurigiornalieri (Siremar – N.G.I.) Napoli – In inverno con collegamenti bisettimanali, in estate con collegamento esasettimanale (Siremar – S.N.A.V.).
Iin aereo con scalo a
Napoli – Collegamento in autobus con il porto. R. Calabria – Collegamento in autobus con il porto di R. Calabria/Messina all’arrivo di ogni volo. Catania – Collegamento in autobus direttamente con il porto di Milazzo nel periodo (1/4 – 30/9 ) e plurigiornalmente con la Stazione FF.SS. di Messina. ( GiuntaBus – S.A.I.S.). Palermo – Collegamento con il centro città – Stazione FF.SS. – da autobus ogni ora. ( S.A.I.S. ).
In auto
Chi proviene dal nord Italia può imbarcare l’auto sui traghetti della Siremar a Napoli; dalla Sicilia l’auto si può imbarcare a Milazzo sui traghetti delle società Siremar e N.G.I.
In treno
La Stazione FF.SS. di Milazzo il punto più vicino.