Le invenzioni inaspettate dei monaci italiani

Sin dal Medioevo, i monasteri italiani non sono stati solo un centro di conoscenza e ricerca con ricche biblioteche, ma anche un vero e proprio motore del progresso! I novizi coltivavano la terra, piantavano vigneti e giardini, scrivevano e conservavano libri, aprivano ospedali e preparavano medicine.

 

I rappresentanti dei vari ordini monastici non solo pregavano Dio, ma dipingevano quadri e affreschi, componevano trattati filosofici e davano alla luce nuove invenzioni. Quali? Qui ci sono solo alcuni esempi.

 

Le note musicali

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La notazione musicale fu inventata dal monaco benedettino e teorico della musica Guido d’Arezzo. Nell’XI secolo fu lui ad inventare le righe musicali e i nomi delle note, prendendoli dalle sillabe dei primi sei versi dell’inno dedicato a San Giovanni, il famoso patrono dei cantanti: ut, re, mi, fa, sol, la. In seguito fu introdotta la settima nota, come abbreviazione del latino Sanctus Ioann (San Giovanni) e l’”ut”, non particolarmente melodico, fu sostituito dall’odierno “do”. Insegnando musica ai cantanti dell’abbazia, Guido si rese conto di quanto fosse difficile ricordare i canti gregoriani trascritti da neumi, che, invece della lunghezza e del tono del suono, indicavano solo la direzione della melodia verso il basso o verso l’alto. Per facilitare la trascrizione e la memorizzazione della musica, egli disegnò le righe musicali (inizialmente erano di diversi colori) e influenzò quindi la formazione e lo sviluppo della cultura musicale mondiale. Il suo trattato “Micrologus” era il testo più diffuso del Medioevo in questo settore.

 

La contabilità

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Ritratto di Luca Pacioli (1495), attribuito a Jacopo de’ Barbari, museo nazionale di Capodimonte / Wikimedia Commons

Il monaco francescano, economista e matematico Luca Bartolomeo de Pacioli è riconosciuto come il fondatore della contabilità. Nella seconda metà del XV secolo, oltre a scrivere trattati di aritmetica, geometria e proporzioni divine, fu il primo ad introdurre nella contabilità la partita doppia nella registrazione delle transazioni finanziarie: l’attivo e il passivo. Dalla sua città natale di Sansepolcro, prima andò a studiare a Venezia e poi, come insegnante di matematica, viaggiò a Perugia, Firenze, Pisa, Bologna, Mantova e Roma. Nel 1497 accettò l’invito del Duca Ludovico Sforza a lavorare a Milano, dove collaborò anche con Leonardo da Vinci. Per Isabella d’Este, scrisse il curioso trattato “Sul gioco degli scacchi”. Oltre al grande Leonardo, Luca Pacioli conosceva altri artisti e architetti famosi del suo tempo. Tra questi vi sono Piero della Francesca, Donato Bramante e Albrecht Durer.

 

Gli occhiali

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Due monaci vengono considerati i creatori degli occhiali: Alessandro della Spina di Pisa e Salvino degli Armati di Firenze, che presumibilmente vissero a cavallo tra il XIII e il XIV secolo. Perché presumibilmente? Perché molti ricercatori credono che il secondo personaggio non sia mai esistito e sia stato il risultato di una successiva falsificazione delle autorità fiorentine che, essendo in inimicizia con la vicina Pisa, cercarono così di dimostrare la propria superiorità. La cronaca descrive Alessandro come un uomo molto modesto che lavorò tutta la vita su libri e manoscritti, decorandoli con miniature e ornamenti. Frate Giordano da Rivalto, in una predica tenuta nel 1305, usò gli occhiali e disse ai parrocchiani che quel curioso strumento era stato realizzato da un inventore locale. Poiché non lo nominò, l’invenzione degli occhiali fu attribuita al monaco fiorentino, e solo all’inizio del XX secolo la falsificazione fu scoperta e la giustizia trionfò.

 

Il cappuccino

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Nella stessa parola “cappuccino”, la sua origine è chiaramente riconoscibile. Secondo una versione, il nome di questa bevanda al caffè con densa schiuma di latte è associato al caratteristico colore marrone della tonaca monastica dei novizi più giovani dell’Ordine Cappuccino. Secondo un’altra versione, invece, il nome è associato al monaco friulano Marco d’Aviano, che nel settembre del 1683 fu inviato per ordine di Papa Innocenzo XI a Vienna per convincere le potenze europee a radunarsi nella lotta contro l’espansione dei turchi ottomani. Durante la sua permanenza nella capitale austriaca, egli andò in un bar e ordinò una tazza di caffè, “correggendolo” con il latte. Il nuovo modo di fare il caffè venne soprannominato kapuziner in tedesco, ma si è diffuso in tutto il mondo nella versione italiana. Resta solo da ricordare che sullo “stivale” il cappuccino viene ordinato al bar solo al mattino per la colazione.

 

Il Parmigiano Reggiano

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La nascita del “re dei formaggi italiani”, già menzionato nel Decamerone di Boccaccio come uno dei prodotti più famosi della penisola appenninica, risale all’inizio del XII secolo. Secondo la leggenda, fu realizzato per la prima volta in uno dei monasteri situati tra le città di Reggio Emilia e Parma. I monaci benedettini e i loro compagni cistercensi combatterono per il diritto di essere considerati gli inventori della ricetta originale. Sia gli uni che gli altri avevano bisogno di un tipo di formaggio che si sarebbe conservato a lungo e non avrebbe perso le sue proprietà nutritive. Il parmigiano è ancora considerato il più salutare e sostanzioso di tutti i formaggi del mondo. Tuttavia, una parte considerevole degli storici è convinta che formaggi stagionati simili fossero già prodotti dagli etruschi e che i monaci medievali non fecero che riportare alla vita l’antica tradizione casearia di mille anni prima. In un modo o nell’altro, senza i benedettini e i cistercensi, difficilmente avremmo potuto godere oggi del suo gusto ricco e armonioso.

 

Parole chiave
artigianato, tradizione

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