Il puls del soldato
I cereali erano l’alimento base a quei tempi. Con farro, miglio, orzo o avena si cucinava una specie di polenta che si chiamava puls. Era una parte fondamentale della dieta dei legionari, perché poteva essere cucinata facilmente proprio all’interno del contubernio, la tenda dove i soldati – a gruppi di dieci – vivevano, mangiavano e dormivano insieme. Il puls più prelibato era considerato quello punico, che veniva arricchito con miele, uova e formaggio.
Garum di pesce
Mettete interiora di pesce insieme a sangue ed erbe in contenitori di pietra, poi aggiungete dei pesciolini come latterini e trigliette, cospargete abbondantemente di sale e lasciate macerare al sole per diversi mesi, mescolando frequentemente. Alla fine raccogliete il liquido che si è formato in superficie. Questa è la ricetta della salsa più comune a base di interiora di pesce fermentato. Riuscite a immaginare il suo odore? I patrizi e la gente comune non storcevano affatto il naso e, anzi, la adoravano. Il segreto sta nell’aggiunta di spezie e nella giusta quantità di sale: se ce n’è troppo poco il pesce rischia di marcire, se ce n’è troppo si ferma il processo di fermentazione. Secondo Plinio il Vecchio, il miglior garum era quello che si preparava nel sud della Spagna.
Pane quadrato
Nell’impero romano, il pane veniva preparato per le masse in grandi panifici. Il tipo di pane più diffuso era una pagnotta divisa in otto sezioni, realizzata premendo sulla parte superiore dell’impasto un oggetto dalla forma di ruota di carro in miniatura in modo che potesse essere poi facilmente divisa in otto parti uguali. Durante gli scavi a Pompei, gli archeologi hanno trovato sotto uno strato di cenere vulcanica diverse fette carbonizzate di questo pane, così come gli affreschi che lo raffiguravano. Il pane economico era scuro mentre quello costoso, che veniva cotto con farina di grano macinato fine, era chiaro e leggero.
Gustum creativo
Gli abitanti di Roma avevano gusti molto particolari. Ad esempio, ecco la ricetta del gustum, molto apprezzato dalle famiglie patrizie. È stato descritto nel ricettario del leggendario buongustaio Marco Gavio Apicio, sulla cui morte è diffuso un aneddoto: egli spese tutte le sue ricchezze in esperimenti culinari e quando dovette sforzarsi di mangiare cibo normale, preferì ingerire un veleno. Ma torniamo alla ricetta: dovete portare ad ebollizione le albicocche, aggiungere pepe macinato e menta, salsa di pesce, vino passito, aceto, olio e cuocere per 20 minuti. Questo piatto è nato come dessert, ma l’aggiunta di spezie e condimenti lo ha reso un antipasto. I cuochi nell’antichità sapevano sorprendere più degli chef di oggi!
Defrutum dolce
Si tratta di una salsa a base di mosto e dell’uva rimasta dopo la vinificazione, un misto tra lo sciroppo e la marmellata. Il miele era un lusso piuttosto costoso, disponibile solo in alcune zone del vasto impero, invece il vino veniva prodotto ovunque e quindi anche il defrutum. Questa salsa aggiungeva al cibo sia un sapore delicato che un buon apporto di calorie, che a quei tempi cercavano di non bruciare, ma di accumulare: la stessa zuppa di avena con il defructum diventava più dolce e dava anche una sensazione di sazietà che durava per l’intera giornata.