Alcuni storici ritengono che la vite sia stata introdotta in Sicilia dai Micenei; successivamente i vitigni della vitis vinifera, da cui viene prodotto il vino, si diffusero nel resto d’Italia. Il consumo di vino sull’isola era indissolubilmente legato al culto del dio Dioniso; le festività che lo celebravano erano accompagnate da canti, balli e libagioni abbondanti. Verso il VII-V secolo a.C. il vino siciliano prodotto veniva esportato in Grecia, in Africa e anche a Roma, dove veniva trasportato via mare in anfore.
Il vino dell’epoca assomigliava poco a quello odierno. Plinio il Vecchio scrive che il vino era bianco, dolce e con un’alta percentuale di alcol. Veniva inoltre diluito con l’acqua e spezie riccamente speziato.
Durante la dominazione degli arabi in Sicilia la produzione di vino si ridusse notevolmente. Tuttavia furono loro a inventare la distillazione di uve per ottenerne l’alcol etilico. Inoltre, gli arabi portarono sull’isola la specie di zibibbo (una varietà del moscato) dalla quale viene prodotto il delizioso Passito (un vino dolce ricavato da uve seccate al sole). Alcuni storici concordano sul fatto che furono gli arabi a fare conoscere ai siciliani la tecnologia in perpetuum, simile al “metodo soleras”, utilizzato per la produzione dello sherry.
L’ascesa del Marsala nell’Olimpo dei vini ebbe inizio nel 1773 grazie al mercante inglese John Woodhouse di Liverpool. In navigazione col brigantino “Elizabeth” verso la città di Mazara del Vallo, sulla costa occidentale della Sicilia, venne costretto da una tempesta improvvisa a rifugiarsi nel porto di Marsala. Per caso, Woodhouse e i suoi uomini assaggiarono il vino fortificato locale, rimanendone entusiasti: il mercante ripartì dalla Sicilia con un lotto di prova di cinquanta barili di Marsala. Poco tempo dopo, visto il successo riscosso in Inghilterra, ne reclamò il monopolio della fornitura.
È conservato un documento del 19 marzo 1800 firmato dall’ammiraglio Horatio Nelson e da John Woodhouse relativo alla prima fornitura di Marsala a Malta.
Le cantine Florio sono fra i produttori più antichi e importanti del marsala. Furono fondate da Vincenzo Florio, di origine calabrese, che assieme al figlio Ignazio acquistò un grande vigneto iniziando a produrre un vino di particolare qualità, e facendo concorrenza alle cantine inglesi di Woodhouse e Ingham. Le cantine Florio divennero ben presto il principale produttore, e le navi dell’azienda iniziarono a distribuire il vino in tutto il mondo.
Il Marsala veniva utilizzato in Austria-Ungheria, in Italia, negli Stati Uniti ai tempi del proibizionismo a scopi terapeutici: piccole bottiglie di Marsala Florio etichettate “Tonic” si trovavano in qualsiasi farmacia degli Stati Uniti.
Nell’Impero russo la prima menzione del Marsala è datata 1846: l’imperatrice Alexandra Feodorovna, sposa di Nicola, apprezzò il Marsala come ottimo tonico durante il suo soggiorno in Sicilia.
Il Marsala prese anche parte all’Unificazione d’Italia. Giuseppe Garibaldi e i suoi Mille l’11 maggio 1860 sfruttarono le navi mercantili inglesi destinate al trasporto del vino per sbarcare nel porto di Marsala. Garibaldi assaggiò il Marsala, ma non ne diventò un ammiratore. Secondo la leggenda, gradì solo il tipo più dolce di vino, che successivamente fu chiamato Garibaldi Dolce.
Come si fa il marsala
Il Marsala appartiene alla categoria dei vini fortificati. La fortificazione si svolge aggiungendo alcol di uva. La produzione di Marsala utilizza gli stessi metodi in uso per la produzione di vini fortificati in Portogallo o in Spagna. Ad esempio, il sistema di invecchiamento del vino in perpetuum è molto simile al “metodo soleras” che viene utilizzato per lo sherry. Il Porto e la Marsala hanno in comune il fatto che tecnologia per la loro produzione vengono utilizzate sia le uve bianche che rosse.
Testo: | Dmitry Lysenkov |